Sì è vero, non è proprio corretto.
Quest’uomo qua l’ho inventato io in carta e inchiostro per cui come posso non amarlo!? Quanto lo amo? Direi alla follia, tanto da avergli dato la connotazione più forte che potevo dal punto di vista emozionale.
Bello, no, non direi. Carino sì, ombroso e riservato, un po’ rustico e di poche parole. Ma ho sempre avuto un debole per i burberi, basta che non esagerino.
Gli occhi verdi che virano al grigio quando cambia il tempo, i capelli arruffati, ma soprattutto le mani calde e un suo proprio odore. Eh sì perché l’odore è quello che mi frega, un po’ con tutte le persone che incontro e con cui scatta o non scatta un’intesa epidermica, ma ancora di più in amore.
Sono un segugio che gira per il mondo cercando di riconoscere l’odore dei pezzettini d’anima che ha perso qua e là e che cerca di ricomporre per completare la sua.
Ah, dimenticavo. Ovviamente è Irlandese, giusto per dargli il massimo delle caratteristiche ambite nella mia personalissima scala.
Il ragazzo è il contrario di un fighetto rileccato, anzi a volte è un po’ stropicciato. Fa lo chef, beve birra, parla Inglese con quell’accento dell’Isola di smeraldo che trovo tanto sexy; non è troppo alto ma compensa in personalità, conquista con molti silenzi e poche parole giuste, ma soprattutto con i gesti: naturali, semplici, senza sbavature.
Tutte facce della felicità…o no?
“E sorride imbarazzato abbassando la testa; in quel brevissimo istante, riesco a bruciare la distanza che ci divide senza che possa opporre resistenza e mi rifugio tra le sue braccia come faccio sempre: “È a tuo rischio e pericolo, ti ho avvertito”. Io non sento altro che il suo odore… sì è vero, sotto qualche spezia, il sudore dato dal lavoro, i vapori delle pentole sui fornelli, ma sotto tutto questo c’è lui, lo riconosco: “Non m’importa niente”. “Come?” Ethan mi guarda negli occhi un po’ dubbioso. “Non m’importa niente di Fabio, né di nessun altro, m’importa di te”. “Anche in queste condizioni?” “Soprattutto in queste condizioni!” Me lo abbraccio stretto e lui risponde all’abbraccio, baciandomi nel silenzio della cucina, solo col borbottio sordo della lavastoviglie che ci ricorda dove siamo. Mia nonna diceva sempre che la felicità passa sempre dalla cucina, chissà se intendeva anche questo.”