Questa montagna d’uomo dai capelli ispidi e neri mi è piaciuto subito. Eppure l’autore, che si fa chiamare Robert Galbraith, la sua apparenza non la descrive come usuale o affascinante.
Ha il naso da pugile, una protesi a una gamba, è ispido, solitario e burbero come un orso in letargo (ma si sa che ho un po’ un debole per i burberi…). Sempre un po’ trasandato e disordinato, lo immagini con l’impermeabile spiegazzato mentre dorme in ufficio su una branda, a due centimetri dall’ultima cena precotta, la barba incolta. Nonostante questo è profondamente empatico e colto, stupisce e gioca con la sua cultura; è figlio di una rock star che non lo ha mai riconosciuto come figlio e di una groupie morta di overdose che lo ha costretto ad un’infanzia strana e vagabonda, ma che lui ricorda come una madre affettuosa, che gli ha fatto conoscere l’amore. Granitico e gigantesco mostra le sue intemperanze, ma soprattutto le sue fragilità, come quella che gli viene dall’ex fidanzata bellissima e traditrice, che continua a tormentarlo e per cui soffre, lecccandosi ferite profonde.
Insomma cosa non ha quest’uomo per far crollare ogni resistenza femminile?! Sufficientemente irrequieto, la testa piena di nebbia londinese, coraggioso e intuitivo, le mani grandi con cui afferra la vita e i casi che risolve a forza. E del disordine ce ne faremo una ragione, anche perché gli uomini precisi e maniacali ci ricordano il Furio di Magda, quello che le faceva dire disperatamente “…non ce la faccio…più!”.
Il segreto del magnetismo di Cormoran Strike sta in tutto questo e anche nel fatto che solo una donna dalla prorompente fantasia poteva crearlo così imprevedibile, sgualcito, imperfetto e affascinante. Una miscela perfetta di demoni che bussano alla porta e inaspettate rinascite. E’ o non è la mamma di Harry Potter?!
Le stranezze delle persone affascinanti esasperano, ma non ci sono proprio persone affascinanti che non siano, del resto, strane.
(Marcel Proust)