Come si ama un uomo io non lo so. E non perché l’amore mi manchi, ma perché non me lo sono mai chiesto e adesso che me lo chiedo penso che un modo giusto di amare non ci sia.
Quei due uomini della foto, che stanno accoccolati vicino, sono l’uomo che proviene da me e l’uomo da cui provengo. Rami e radici. L’uomo della discendenza e l’uomo primario. E come li amo questi due?
L’uomo della discendenza l’ho amato da quando era solo un’idea, da quando lo sognavo sorridere e sorridevo anch’io.
Lo amo come una leonessa il suo cucciolo, come una brocca che riempie un bicchiere vuoto, come una coperta che scalda e un fuoco d’artificio che diverte e stupisce. Lo amo sfregando il naso contro il suo, sfogliando le pagine dei libri che gli compro, raccontandogli la mia e mille altre storie; lo amo stringendolo forte quando piange, facendogli il solletico per svegliarlo la mattina e soprattutto guardandolo di nascosto per conoscerlo, perché ne resto affascinata e curiosa come il giorno che è nato.
Lo amo con i “hai mangiato?”, “scegli cosa preferisci”, “fallo anche se hai paura”, “ti ho detto di no” e con i “certo che sì”. A volte lo amo anche con i silenzi, ma i miei fanno un gran rumore, per cui metto una canzone allegra e la ballonzoliamo insieme per il salotto. Sì, lo amo anche così.
L’uomo primario lo amavo già guardandolo di sotto in su, fino ai suoi baffi folti, quando mi insegnava a ballare. L’ho amato anche quando mi sgridava e un’occhiata era sufficiente per interrompere ogni movimento. L’ho amato forte e giocherellone, ho amato la sua risata e le sue mani sicure, più di tutto la sua indomabile energia positiva.
L’uomo primario lo amo con discrezione ma con gli occhi che brillano, come una lacrima di commozione che non puoi fermare, come la mela che si allunga verso il suo albero e ancora più su, verso il sole.
Lo amo ascoltando i suoi ricordi, come ascoltavo le sue canzoni da bambina; ricordandomi il colore rosso dei suoi capelli e della sua barba, coltivando la fiducia nell’umanità, nell’amicizia, nell’amore che lui stesso mi ha insegnato. Lo amo con ogni mio risultato, perché il suo orgoglio per me è sempre stata una ricompensa di valore inestimabile. Lo amo con la mia femminilità perché ha sempre voluto che la vivessi con naturalezza, in maniera piena. Lo amo da lontano, ma con attenzione e cura adesso che ne ha più bisogno
Come si ama un uomo io non lo so. Non sono una professionista, ho sempre improvvisato, andando un po’ a braccio. Anche così li amo questi due uomini: senza un copione, senza un programma, seguendo il tempo della loro vita, il ritmo della musica che per me rappresentano. “Così si fa” – direbbe l’uomo primario: “prima si balla, poi si imparano i passi”
Io prima li amo e poi imparo come farlo.
La vita è un po’ come il jazz: viene meglio quando si improvvisa.
(George Gershwin)